CENACOLO: CORPO DONATO – SANGUE SPARSO Mt 26,17-29

Venerdì 27 marzo.

Dopo la partenza di Giuda, Gesù con i discepoli da Betania ritorna a Gerusalemme per celebrare la cena pasquale con i suoi discepoli. Il racconto descrive la vita della comunità cristiana lungo i secoli, e perciò anche della nostra comunità che ogni domenica celebra lo “spezzare il pane”, per annunciare la morte del Signore in attesa della sua venuta. Ascoltiamo quanto l’evangelista ci dice: è la sua esperienza di quella sera: “la notte in cui fu tradito”. La relazione Gesù-discepoli guida ancora oggi il nostro confronto con Gesù e ci chiama a vivere la stessa esperienza.

Gesù fa preparare la Pasqua (17-19). La preparazione avviene nel primo giorno della festa degli Azzimi. Alla sera iniziava quella settimana durante la quale si doveva mangiare pane azzimo, non lievitato. I discepoli, da buoni ebrei, ci tenevano a quel rito. La pasqua è qualcosa che si deve mangiare, rito che però diceva relazione di salvezza.

E’ il Signore che comanda, padrone degli eventi che lo riguardano. Inviando tutti i suoi discepoli, intende coinvolgerli negli eventi che egli stabilisce nei particolari. E’ un banchetto essenzialmente comunitario, non si può celebrare da soli. Gesù sa però che il suo tempo è giunto e sa che è la sua Pasqua, cioè il suo passaggio dalla morte alla vita, da questo mondo al Padre. Gesù, quella sera, ha anticipato nel rito “la sua Pasqua” (non si parla di agnello); ha reso quel rito anticipatamente “memoriale” della sua Pasqua. (Solo dopo la Pasqua, i discepoli capirono che avevano per la prima volta mangiato “la Pasqua” di Gesù). Lo spezzare il pane è la nuova Pasqua.

E come sta scritto di lui” (20-25). Ci viene ora descritta la comunità di Gesù a tavola, per celebrare la prima Eucarestia. Fattasi sera, Gesù si mette a tavola con i Dodici. Sono lì, convinti di celebrare la Pasqua. Gesù pensa a quanto sta per succedere:uno di voi mi consegnerà”. Alla gioia succede lo sgomento, una grande tristezza negli Undici. Nessuno si sente sicuro, tutti vogliono essere rassicurati da Gesù. La risposta di Gesù è assai vaga, anche se è chiaro che quella sera, Gesù sapeva chi aveva accanto a sé: uno che lo aveva già tradito, uno che lo avrebbe rinnegato e tutti gli altri che lo avrebbero abbandonato.

Guardiamo però come Gesù vive quanto sta avvenendo. Gesù sa che la passioone-resurrezione è il momento vero del compimento di quanto hanno detto i profeti. Gesù continua a leggere il suo destino nelle scritture, in particolare quelle del “giusto sofferente” (Is 53), scoprendo il progetto di salvezza del Padre. Deve passare attraverso la morte, a causa del peccato degli uomini, però è cosciente che l’agire del Padre non finisce mai nella morte, ma sempre nella vita e nella salvezza. Lui è la “pietra scartata dai costruttori che diventa pietra angolare”.

Eucarestia: celebrazione di speranza (26-29). E’ un racconto sintetico, fondamentale per capire quale senso Gesù dà alla sua passione. I discepoli appaiono come coloro che debbono osservare, ascoltare, accogliere. Sono incerti e fragili, ma spezzando con loro il pane, Gesù assicura loro il futuro. Gesù parla di un altro banchetto che Egli con i suoi compirà nella casa del Padre.

Gesù è totalmente unito a Dio Padre e anche totalmente aperto a tutti gli altri, tendendo a unire a sé i suoi, a costruire il suo popolo, a fare comunità. Le parole di Gesù, “Questo è il mio corpo”, vogliono dire: “Questo sono io che voglio donarmi a voi, entrare in comunione con voi, fare di voi la mia comunità”. Vuole un’esperienza di comunione.

Il sangue sparso dice che Gesù è cosciente di dover morire e dice che egli muore per tutti, proprio come il Servo di Dio (Egli portò il peccato di molti”). E’ il servo che eliminerà il peccato di “molti”, mettendoli in una giusta relazione con Dio. Gesù vede il suo sacrificio, il dono della sua vita, quale segno di alleanza tra Dio e tutti i popoli. E’ l’Alleanza nuova e definitiva. Egli con l’Eucarestia mette il segno della sua continua presenza in mezzo ai suoi, un popolo in cammino verso il Regno, nella casa del Padre.

Confrontiamo l’Ultima Cena con il nostro modo di celebrare la S. Messa. le nostre fragilità nell’incontro con Cristo nell’Eucarestia, che ci unisce e trasforma per essere una vera comunità unita a Lui. Le esperienze di queste domeniche …