Nella solennità di Pentecoste si leggono due racconti del dono dello Spirito Santo. Gli Atti degli Apostoli (2,1-11) ci raccontano la discesa dello Spirito santo sugli apostoli e Maria, la madre di Gesù, il cinquantesimo giorno dopo la Pasqua. Il vangelo di Giovanni narra il dono dello Spirito ai discepoli la sera del giorno di Pasqua. Questa differenza è in realtà una sinfonia con la quale la chiesa testimonia lo stesso evento letto in modi diversi, ma non discordanti.
La Parola di Dio racconta in quattro modi diversi il venire dello Spirito Santo, per dirci che Lui, il respiro di Dio, non sopporta schemi:
- Lo Spirito viene come presenza che consola, leggero e quieto come un respiro, come il battito del cuore (vangelo)
- Lo Spirito viene come energia, coraggio, rombo di tuono che spalanca le porte e le parole (Atti).
- Lo Spirito viene con doni diversi per ciascuno: bellezza e dignità per ogni cristiano (S. Paolo).
- “Del tuo Spirito, Signore; è piena la terra” (salmi): tutta la terra, niente e nessuno esclusi. Ed è piena, non solo sfiorata dal vento di Dio, ma colmata.
I discepoli, pur credendo a Gesù, hanno paura di dire la loro fede. Le porte erano chiuse per paura dei Giudei…Quando agiamo seguendo le nostre paure, la vita si chiude. La paura è la paralisi della vita. I discepoli hanno paura anche di se stessi, di come, durante la passione, hanno rinnegato Gesù. Ora però sono di nuovo riuniti insieme. Gesù, salito al Padre, viene in mezzo ai suoi. Viene per essere presente. Viene in questa comunità dalle porte e finestre sbarrate, dove manca l’aria e si respira dolore, una comunità che si sta ammalando. Gesù prende contatto con le loro paure, i loro limiti. Innanzitutto rende visibile la realtà della sua presenza, diventando l’unico punto di riferimento per la comunità. D’ora in avanti i discepoli sapranno gioire, anche quando dovranno soffrire a causa della loro fede in Gesù.
Il Signore è in mezzo a noi! La più grande tentazione vissuta da Israele nel deserto fu proprio quella di chiedersi: “Il Signore è in mezzo a noi sì o no?”. Ecco la poca fede o la non fede di cui siamo preda anche noi che ci diciamo credenti. Gesù è in mezzo a noi sempre, non ci abbandona. Se mai siamo noi che lo abbandoniamo.
L’Abbandonato ritorna e sceglie proprio coloro che lo avevano abbandonato, e li manda. Lui avvia processi di vita, non accuse, gestisce la fragilità e la fatica dei suoi con un metodo umanissimo: quello del primo passo nella direzione giusta. Come Gesù è inviato dal Padre, così ora Gesù manda i discepoli nel mondo. Sui discepoli l’impegno a “dare la vita” come Gesù, ad amare come egli ha amato sino alla fine. I segni della passione ricorderanno ai discepoli fin dove deve giungere il loro amore. In quel corpo di gloria restano le tracce del suo vissuto umano, della sua sofferenza-passione, dell’aver amato fino a dare la vita per gli altri.
Per realizzare questa missione, devono essere resi uomini nuovi, ricreati dalla forza dello Spirito santo. Gesù, che l’aveva consegnato, donato sul Calvario (“rese lo spirito”), ora lo dona come Risorto. È il suo Spirito, il suo “soffio”. Come all’inizio della creazione, Dio soffiò il suo alito di vita, e fece il primo essere vivente, così Gesù soffiò sui discepoli e li rese soggetti capaci per una missione.
Lo Spirito è il respiro di Dio. In quella stanza chiusa, senza respiro, ora si respira il respiro di Cristo, entra il respiro ampio e profondo di Dio, l’ossigeno del cielo, che rende capaci di amare e aprire e spalancare orizzonti. Gesù soffia su di loro il suo respiro, che non è più alito di uomo, ma Spirito Santo. Il Respiro del Risorto diventa il respiro del cristiano: noi respiriamo lo Spirito Santo. Questo soffio che entra dentro di noi e si unisce al nostro soffio, ha come effetto il perdono dei peccati. Lo Spirito ci stringe a Dio in modo che non siamo più orfani: è un amore quotidiano e gratuito (non lo dobbiamo meritare). Ci è chiesto di non rifiutare il dono, perché il Padre dà sempre lo Spirito santo a quelli che glielo chiedono. È il dono dell’amore, della gioia, che ci fa respirare in comunione con i fratelli.
Ciò che è accaduto a Gerusalemme, avviene sempre, avviene per ciascuno: siamo perennemente immersi in Dio come nell’aria che respiriamo. C’è una stretta relazione tra lo Spirito, la comunità dei discepoli, il perdono. Per riunire tutti gli uomini, gli apostoli ricevono il potere di rimettere tutti i peccati. Potere di discernere chi davvero si allontana da un mondo di peccato per aderire a Cristo, da chi non vuole aderire o di nuovo si allontana, dopo averlo accolto. Il perdono è affidato a tutti i credenti che hanno ricevuto lo Spirito. Perdono vuol dire: piantare attorno a noi oasi di riconciliazione, piccole oasi di pace in tutti i deserti della violenza, creare strade di avvicinamenti, riaccendere il calore, riannodare fiducia. Quando le oasi si saranno moltiplicate, conquisteranno il deserto. Il perdono dei peccati che ci viene donato, domanda che anche noi lo doniamo agli altri.
La Pentecoste è la festa di questa liberazione che La Pasqua ci ha donato, che ci raggiunge nella nostra vita quotidiana con le fatiche, le cadute, il male che ci imprigiona.
- Le nostre chiusure, paure…
- Il nostro rapporto con lo Spirito Santo…
- Pentecoste: la potenza della resurrezione di Cristo raggiunge ogni credente…