LA FATICA E LA GIOIA DI GUADAGNARE UN FRATELLO – Mt. 18,15-20

Parrocchia di Fontane
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LA FATICA E LA GIOIA DI GUADAGNARE UN FRATELLO – Mt. 18,15-20
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Discorso comunitario di Gesù: il discorso ecclesiale

Dopo il Discorso della Montagna (cc. 7-9), il Discorso apostolico (9,35-10,42), il Discorso parabolico (13,1-52), ecco ora il Discorso comunitario (18,1-35), il più semplice e il più armonioso.

Nel nostro brano l’interesse è il “fratello che ha peccato”. Come la comunità è chiamata a recuperarlo? Una comunità che rispetta i piccoli e coloro che hanno peccato, costruendo così una vera vita di comunione fondata sulla preghiera che assicura la presenza del Signore. Siamo invitati anche noi oggi a scoprire come dobbiamo comportarci, se vogliamo essere veramente una comunità che segue il Signore.

La faticosa vita ecclesiale è spesso segnata dal conflitto tra fratelli e sorelle, da rivalità e patologie di rapporti tra autorità e credenti. La misericordia è indicata come indispensabile. Gesù ci presenta il peccatore come il discepolo che si è allontanato (pecora smarrita: 18,12-14): la comunità deve cercare questi discepoli dispersi, a costo di lasciare le 99 che non hanno abbandonato il pastore. Due sono le cose da fare: la correzione fraterna e la preghiera di intercessione. Alla comunità è affidato questo compito che tutti devono vivere con responsabilità.

Correzione fraterna. Nella chiesa c’era un problema: cosa fare verso il fratello che ha scandalizzato questi “piccoli” e che li ha disprezzati fino a causarne smarrimento: persona che ha leso la comunità? Se tuo fratello sbaglia, tu va; tu avvicinati, tu cammina verso di lui. Il perdono è la de-creazione del male, perché rattoppa incessantemente il tessuto continuamente lacerato delle nostre relazioni. Ma cosa mi autorizza a intervenire nella vita dell’altro? Solo questa parola: fratello. Solo se porti il peso e la gioia dell’altro, se ne conosci le lacrime, se ne sei fratello, sei autorizzato ad ammonire. Ciò che abilita al dialogo è la fraternità che tentiamo di vivere, non la verità che crediamo di possedere.

Chi vive la triste esperienza di vedere un fratello o sorella sbagliare, non può tirarsi indietro, deve andare verso di lui, denunciando il male e correggendolo francamente,  soprattutto con pazienza e discrezione. Innanzitutto il male non deve mai essere pubblicizzato. Se uno solo sa chi è il colpevole, cerchi di risolvere da solo la questione: non rinfacciando il peccato, ma aiutando la persona ad esaminarlo in tutti i suoi aspetti, a intraprendere un personale e spontaneo cammino di conversione. Bisogna tentare tutto il possibile, perché chi si è smarrito, ritrovi la strada della vita.  S. Giacomo (5,20): “chi riconduce un peccatore dalla sua via di errore, salverà la sua anima dalla morte e coprirà una moltitudine di peccati”.

Se ti ascolterà, avrai guadagnato un fratello”: “guadagnare” un uomo, “acquistare” un fratello, arricchirsi di persone. Il vero guadagno della nostra vita corrisponde alle relazioni buone che abbiamo costruito. Ogni persona vale quanto valgono i suoi amori e le sue amicizie. Una comunità si misura dalla qualità dei rapporti umani che si sono instaurati. Dio è un vento di comunione che ci sospinge gli uni verso gli altri. Senza l’altro, l’uomo non è uomo. Un celebre detto ebraico assicura: chi salva un solo uomo, salva il mondo intero.

Nel caso che fallisce questo tentativo, perché il fratello che ha peccato non vuole essere corretto né tanto meno cambiare atteggiamento, occorrerà cercare una via ulteriore, magari ricorrendo alla parola autorevole di qualche altra persona. Nel caso fallisca anche questo tentativo, dev’essere informata l’intera comunità, non perché pronunzi un giudizio di condanna, ma per cercare di recuperare il fratello che ha peccato. Se ancora non ascolta, non resta altro che constatare con sofferenza che non appartiene più alla comunità. La comunità è chiamata a esercitare questo potere nella carità, nella volontà di recupero, nella preghiera.

Sia per te come un pagano o esattore delle tasse”. Gesù invita a superare nella logica del perdono ogni espulsione, sulla base di una giustizia superiore. Pubblicani e gentili, diventano i piccoli che Gesù è venuto a cercare: quelli che più di tutti hanno bisogno di quella misericordia che Dio vuole. La Chiesa deve fare come Gesù, Maestro. La severità che sembra invitare a non parlare all’altra persona, è solo per creare una situazione che provochi il ravvedimento, inducendo il fratello a cambiar vita e a far ritorno alla comunità.

Tutto quello che legherete sulla terra…” Il potere di sciogliere e legare non ha nulla di giuridico, consiste nel mandato fondamentale di tessere nel mondo strutture di riconciliazione: ciò che avrete riunito attorno a voi, le persone, gli affetti, le speranze, lo ritroverete unito nel cielo; e ciò che avrete liberato attorno a voi, di energie, di vita, di audacia e sorrisi, non sarà dimenticato, è storia santa. Ciò che scioglierete avrà libertà per sempre, ciò che legherete avrà comunione per sempre. Siamo chiamati a diventare una presenza trasfigurante anche nelle esperienze più squallide, più impure, più alterate dell’uomo

Preghiera. Per pregare, bisogna volere la stessa cosa: come un’orchestra che, prima di suonare, accorda gli strumenti per l’esecuzione di una musica. Così i cristiani nella preghiera: “accordarsi” per ottenere.Preghiera che è innanzitutto esperienza del “Dio con noi”. Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro. È tra noi, ad una condizione: che siamo uniti fratelli nel suo nome, dove il giusto e il peccatore, il violento e l’inerme si tengono per mano. Non solo è presente nella preghiera, ma anche nell’uomo e nella donna che si amano, nella complicità festosa di due amici, in chi lotta per la giustizia, in  una madre abbracciata al suo bimbo, Dio è lì. Cristo è anima e vita di tutto ciò che esiste, presenza trasformante dell’io e del tu che diventano noi. Questa è l’esperienza della comunione nella vita della comunità, come spazio della presenza di Cristo. Già nell’A.T. troviamo: Se due siedono insieme per parlare della Torà, la shekinà (la presenza di Dio) è in mezzo a loro. In continuità, Gesù annuncia dove si può vivere questa presenza. Viviamo così la nostra preghiera: rivolti al Padre, uniti insieme con Gesù nella preghiera, viviamo nell’oggi la gioia della sua presenza.