DIO PADRE TIENE IL CONTO ANCHE DEI NOSTRI CAPELLI (Mt 10,26-33)

Gesù invia i suoi discepoli “tra le pecore perdute della casa d’Israele”. Matteo riassume nel discorso apostolico sia il messaggio da annunciare, che l’azione da compiere e lo stile del comportamento. Il discepolo è chiamato a continuare la missione di Gesù, vivendo in intima relazione con Gesù, l’unico insostituibile Maestro della comunità. Il discepolo, colui che è stato chiamato a seguire Gesù, è totalmente coinvolto in un destino come quello di Gesù.

I segni dell’annunciatore del Regno: curare gli ammalati, scacciare i demoni, risuscitare i morti, rivelare a tutti la misericordia e il perdono. Tutto questo superando indicibili difficoltà: chi rifiuta,     chi lo considera indemoniato, e con la prospettiva della morte. Viene così tracciato il programma di azione per ogni apostolo di ogni tempo.

Dopo aver annunciato la missione, come segno di misericordia, Gesù invita a programmare così la missione: conoscere i destinatari del messaggio, il contenuto del messaggio e il modo di comportarsi nel mondo:

  • Gesù contempla un popolo sbandato e privo di guide sicure e pastori.
  • Mette in evidenza che il primo compito dell’apostolo è l’annuncio.
  • Dà le regole fondamentali di vita dell’inviato, dell’apostolo.
  • Presenta i rischi della missione: non sarà una marcia trionfale nel mondo. Ci saranno persecuzioni, contrasti materiali, bisogno di fuggire per salvarsi. Ci accorgiamo che anche oggi la vita cristiana richiede una coraggiosa scelta quotidiana di testimonianza.

Il rapporto discepoli – Gesù. È necessario mantenere la relazione con il Maestro sino a lasciarsi coinvolgere totalmente nel suo destino di morte e di vita. I discepoli verranno perseguitati fino ad essere uccisi da chi crede in questo modo di dare gloria a Dio. Gesù assicura che nessuno riuscirà mai, neppure uccidendo i suoi inviati, a far tacere il messaggio del Vangelo. Non devono mai fermarsi nel portare l’annuncio. Se sono chiamati a fuggire, fuggano, ma per portare l’annuncio ad altri. Nel compiere la propria missione, non devono lasciarsi cogliere dalla paura. Per ben tre volte è ripetuto questo invito.

Vengono indicate alcune forme in cui il coraggio deve concretamente manifestarsi: il coraggio nella persecuzione, il coraggio di parlar chiaro, il coraggio di non aver vergogna di Cristo di fronte agli uomini. E alle forme di coraggio si aggiungono i motivi che devono sostenerlo: la certezza di essere nelle mani del Padre e anche la certezza che gli uomini nulla possono fare per toglierci la vera vita. Nessuno può togliere loro la vita, cioè spezzare la loro relazione con Dio. È un coraggio – come si vede – che nasce dalla fede e dalla libertà: la condizione è di amare Cristo al di sopra di ogni altra cosa.

Non abbiate paura: voi valete più di molti passeri. Di fronte a queste parole proviamo paura e commozione insieme: la paura di non capire un Dio che si perde dietro le più piccole creature: i passeri e i capelli del capo; la commozione di immagini che mi parlano dell’impensato di Dio, che fa per noi ciò che nessuno ha fatto, ciò che nessuno farà: ci conta i capelli in capo e ci prepara un nido nelle sue mani. Per dire che noi valiamo per Lui, che ha cura di noi, di ogni fibra del nostro corpo, di ogni cellula del cuore: innamorato di ogni nostro dettaglio. 

Nemmeno un passero cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Neppure un passero, cadendo a terra, è abbandonato da Dio: non cade a terra perché Dio l’ha voluto (fatalismo tipicamente pagano), ma anche quando cade a terra non è abbandonato dal Padre! Allo stesso modo, anche i capelli della nostra testa, che perdiamo ogni giorno senza accorgercene, sono tutti contati, tutti sotto lo sguardo di Dio. Da una tale contemplazione nasce la fiducia che scaccia il timore: Dio vede come ci vede un padre, che ci guarda sempre con amore e non ci abbandona mai, neanche quando cadiamo.

Molte cose, troppe accadono nel mondo contro il volere di Dio. Ogni odio, ogni guerra, ogni violenza accade contro la volontà del Padre, e tuttavia nulla avviene senza che Dio ne sia coinvolto, nessuno muore senza che Lui non ne patisca l’agonia, nessuno è rifiutato senza che non lo sia anche lui, nessuno è crocifisso senza che Cristo non sia ancora crocifisso. Dio si colloca tra disperazione e fiducia. Dio sta nel riflesso più profondo delle lacrime, per moltiplicare il coraggio. Non uccide gli uccisori dei corpi, dice che qualcosa vale più del corpo. Non placa le tempeste, dona energia per remare dentro qualsiasi tempesta. E noi proseguiamo nella vita per il miracolo di una speranza che non si arrende, di cuori che non disarmano.

Quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo sulle terrazze, sul posto di lavoro, nella scuola, negli incontri di ogni giorno annunciate che Dio si prende cura di ognuno dei suoi figli, che nulla vi è autenticamente umano che non trovi eco nel cuore di Dio. Per essere rinnegatori di Gesù, è sufficiente credere al “così fa tutti”, al “così dicono tutti”, all’ignavia pigra di chi non vuole essere disturbato. La paura è la più grande minaccia alla fede cristiana: essa induce al dubbio e il dubbio al rinnegamento del Signore e del vangelo. Se invece nel cristiano c’è un’umile fiducia, c’è una forza invincibile!

Voi valete! Per Dio, io valgo. E se una vita vale poco, niente comunque vale quanto una vita. L’immagine dei passeri e dei capelli contati, di queste creature fragili, ci porta ai più fragili tra i fratelli, agli anziani, agli ammalati, agli handicappati, a quanti non possono più lavorare e produrre, e si sentono inutili e impotenti. Proprio a loro Gesù dice: “Non temere: voi valete di più”. Anche se la vostra vita fosse leggera come quella di un passero o fragile come un capello, voi valete di più, perché esistete, siete amati da Dio che si intreccia con la vostra vita.

Signore, abbiamo combinato poco nella nostra esistenza e adesso non riusciamo più a combinare niente. E lui risponde: “Voi valete di più, non perché producete, lavorate, avete successo, ma perché esistete, gratuitamente come i passeri, debolmente come i capelli, nelle mani di Dio. Dove voi finite, comincia Dio”.

Bisogna allora preoccuparsi che non venga spezzato questo legame con il Padre, quella relazione vitale ed eterna che si ha con lui e che lui vuole mantenere per l’eternità. C’è Gesù che ci aspetta: bisogna mantenere la relazione con lui. Lui farà da avvocato, nostro difensore che presenterà tutto quello che abbiamo fatto. Il Padre e il Figlio vogliono la nostra salvezza. Questa è la nostra certezza nella fede, che vince tutte le paure.