CRISTO MI CHIEDE: CHI SONO IO PER TE – Mt 16,13-20

Parrocchia di Fontane
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CRISTO MI CHIEDE: CHI SONO IO PER TE – Mt 16,13-20
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Come i discepoli, anche noi siamo in cammino per conoscere il mistero di Gesù. Ogni giorno siamo chiamati a decidere, ad accogliere Gesù come il Cristo, il Figlio del Dio vivente.

A Cesarea, situata alle sorgenti del Giordano, in terra pagana, ai margini di Israele, città fondata trent’anni prima dal tetrarca Filippo, figlio di Erode il grande, città che porta in sé il nome dell’imperatore, lì dove Cesare era venerato come divino, Gesù pone alla sua comunità la domanda cruciale. Già da tempo egli fa vita comune con questi uomini, perciò desidera sapere cosa essi hanno compreso di lui. Chi regna veramente nella loro vita?

“Secondo la gente chi è il Figlio dell’uomo?”. Gesù interroga i suoi, quasi per un sondaggio d’opinione. La risposta della gente è univoca, bella e sbagliata insieme: dicono che sei un profeta! Una creatura di fuoco e di luce, come Elia o il Battista. Agli occhi della gente è un profeta carismatico, un “uomo di Dio”. Gesù però non è un uomo del passato, fosse pure il più grande di tutti, che ritorna. 

Ecco che Gesù non si sofferma su ciò che dice la gente, Lui sa che la verità non risiede nei sondaggi d’opinione.  “Ma voi, chi dite che io sia?”. Il discepolato nasce con la risposta personale a questa domanda. Non si crede per sentito dire. Voi amici, che ho scelto uno a uno, che cosa sono io per voi? 

Chi sono io per te?. In questa domanda c’ è il cuore pulsante della fede. Gesù non cerca formule o parole, cerca relazioni: Quando mi hai incontrato? Che importanza ho nella tua vita? Gesù vuole sapere se Pietro è innamorato di Lui, se gli ha aperto il cuore. Cristo è vivo, solo se è vivo dentro di noi. Il nostro cuore può essere la culla o la tomba di Dio. Nella vita non conta tanto ciò che dico di Cristo, ma ciò che vivo di Lui: il mio rapporto con Gesù, il mio Signore e il mio Dio, che cerco di amare come Lui mi ama. La vita è un continuo provare ad amare, e poi provarci ancora.

Le domande di Gesù nel vangelo sono scintille che accendono qualcosa, mettono in moto trasformazioni e crescite. Nella vita, più che le risposte contano le domande, che ci obbligano a guardare avanti e ci fanno camminare. Solo se amiamo le domande, la risposta comincerà a sorgere in noi vera.

Pietro, a nome di tutti i discepoli, afferma: Tu sei il Figlio di Dio. Lo spazio in cui è risuonato l’atto di fede non è quello della gente, ma quello dei discepoli. Per la comunità di Matteo è già iniziata la fine dei tempi, in Gesù Dio offre definitivamente la salvezza. Anche se è un Figlio dell’uomo rifiutato, emarginato, bestemmiato, destinato alla morte, Lui ha annunciato il Regno con pienezza di potere sulla legge e sul perdono. Per i discepoli il Figlio dell’uomo è Gesù stesso: Il Messia, l’atteso Figlio dell’uomo, non è soltanto un discendente di Davide, non è uno degli antichi profeti che ritorna tra il suo popolo. Il Cristo è il Figlio stesso di Dio. Dio Padre non ha mandato un semplice uomo come salvatore, ma suo Figlio. Attraverso Pietro è il Padre stesso che ha parlato.

Questa fede è dono del Padre: La Chiesa è formata unicamente da coloro che hanno questa fede in Gesù. Però dire che Gesù è Figlio di Dio, è ancora qualcosa di incompleto. E’ la Croce che toglie ogni possibilità di errore. Per questo Gesù ordina di tacere. 

“Tu sei Kefa e su questa kefa io costruirò la mia chiesa”. Tu sei Pietro, e su di te, come una pietra, io costruirò la mia chiesa. Pietro appare come un masso roccioso messo a fondamento e Gesù come il costruttore. La Chiesa appartiene a Cristo: “La mia chiesa”, che è come una casa costruita sulla roccia, anche se poggia apparentemente sulla fragilità degli uomini. Una stabilità sicura, ma tormentata, con sempre la presenza dei peccatori: per questo la comunità ha bisogno di “legare e sciogliere”: necessità del perdono.  Gesù sta costruendo la chiesa: è Lui la “pietra viva rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio”. Di questa costruzione Pietro è la prima pietra. Egli, per grazia, partecipa alla saldezza della roccia che è Cristo. 

Certo Pietro con le sue debolezze sembra non essere roccia che offre garanzie, eppure la beatitudine di Gesù  lo costituisce roccia salda nella fede che ha confessato. Pietro è roccia per la Chiesa e per l’umanità nella misura in cui trasmette che Dio è amore, che la sua casa è per ogni uomo; che Cristo, crocifisso, è ora vivo. Forse saranno proprio la debolezza e la fragilità nella sua sequela di Gesù che permetteranno a Pietro, autorità suprema tra i Dodici, di essere esperto della misericordia del Signore. Pietro ha sperimentato la misericordia del Signore, ha conosciuto veramente il Signore e perciò può annunciarlo e testimoniarlo in modo credibile.

“A te darò le chiavi del regno; ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli…”. Non solo Pietro, ma chiunque professi la sua fede in Gesù, Figlio di Dio, ottiene il potere di diventare una presenza trasfigurante anche nelle esperienze più squallide e alterate dell’uomo. Il cammino è dalla nostra povertà originaria verso una divina pienezza, per essere immagine e somiglianza di Dio, “figli di Dio”. Interiorizzare Dio e fare cose di Dio: questa è la salvezza. 

Tutti possiamo  essere roccia che trasmette solidità, forza e coraggio a chi ha paura. Tutti siamo chiave che apre le porte belle di Dio, che può socchiudere le porte della vita in pienezza.