In quel tempo, Gesù disse: «Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario – che non è pastore e al quale le pecore non appartengono – vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.
Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.
Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».
Gesù risorto parla alla sua comunità, a tutti noi. Vuole rivelarci la sua identità profonda, identità che viene da Dio suo Padre.
Quando a Mosè Dio volle presentarsi al suo popolo col suo nome, disse: “IO SONO” (Jahvè), ma non diede una definizione di Sé. Disse: Io sono quello che mi vedrete ora fare per voi: vi libererò dall’Egitto. Così Israele ha riconosciuto il suo Dio dai fatti, dai gesti di salvezza compiuti da Dio per lui.
Anche Gesù disse: IO SONO, traducendo nella sua vita in gesti precisi e significativi le varie immagini di questo Dio che si china ad interessarsi degli uomini: IO SONO la luce, la vita, l’acqua, il pane vivo … oggi ci dice: “IO SONO il buon pastore che offre la vita per le sue pecore”: è il racconto della tenerezza ostinata e mai arresa di Dio, che dona la vita a tutti. Gesù si rivela così: il suo vivere, il suo esistere sino alla morte è il dono che è vita per tutti gli uomini.
IO SONO il Pastore buono: Gesù è il pastore autentico, il vero, forte e combattivo, che non fugge, a differenza del mercenario. Ha il coraggio di lottare e difendere dai lupi il suo gregge. Sullo sfondo sta la tragedia di un mondo guidato dai “mercanti”, non da pastori. Un mondo di uomini sfruttati e imbrogliati, ai quali non è offerta la vita, ma è loro tolta e resa più difficile. Già nella storia di Israele, Dio si lamenta di questa situazione e annuncia l’avvento di un vero Pastore. Gesù riassume in sé l’immagine non solo di tutti gli autentici pastori donati da Dio ad Israele, ma soprattutto l’immagine di Dio stesso.
IO SONO Il pastore bello (kalòs): Non per l’aspetto esteriore, ma per il fascino e la forza di attrazione che vengono dal suo coraggio e dalla sua generosità, che si frappone fra ciò che dà la vita e ciò che procura morte al suo gregge. La bellezza sta in un gesto, ribadito cinque volte nel vangelo: io offro! Io non domando, io dono. Io non pretendo, io regalo, ma non per aver in cambio qualcosa, non per un mio vantaggio. Bello è ogni atto di amore. Questa è la nostra fede. Dio considera ciascuno di noi più importante di se stesso e per questo dona la vita.
“Offro la vita”, è molto più che il semplice prendersi cura del gregge. Si tratta di una scelta voluta, non un incidente di percorso: una scelta gratuita, cioè non meritata da noi, perché la sua motivazione sta soltanto nell’amore gratuito del Padre che Gesù è venuto a realizzare. Gesù sa che lo vogliono uccidere, ma non si lascia travolgere dagli avvenimenti: continua la missione affidatagli dal Padre. Lo fa perché ama il Padre e perché vuole che il dono della sua vita riveli a tutti l’amore del Padre. La sorgente della nostra salvezza e della nostra grandezza è il cuore del Padre, il cuore di Dio che Gesù è venuto a mostrare.
Gesù non intende solo parlare del suo morire in croce per tutti, anche perché, se il Pastore muore, le pecore sono abbandonate, e il lupo rapisce, uccide e vince. L’attività perenne di Dio, da sempre e per sempre, è offrire vita, offrire un’energia di nascita dall’alto. Dio ci dona il suo modo di amare e di lottare. Questo è il segreto della vita che impariamo da Gesù: la vita è dono, il segreto della vita è dare. Ogni persona per star bene deve dare . Ma perché per star bene ogni persona deve dare? Perché così fa Dio. Il pastore non può stare bene finché non sta bene ogni sua pecora. Se non diamo vita attorno a noi, entriamo nella malattia. Se non diamo amore, un’ombra invecchia il cuore. Il cristiano non può stare bene finché non sta bene ogni suo fratello. In quanto battezzati siamo tutti chiamati, nel piccolo delle nostre situazioni (famiglia, amici, persone che si affidano a noi …), ad essere pastori buoni. Ora finalmente scopriamo Qualcuno cui appoggiare la nostra fragile precarietà e solitudine! Per le cose che contano, solo Dio può può capirci fino in fondo, amarci pienamente. Con questo supplemento di vita che Cristo continuamente ci dona, anche noi potremmo vincere coloro che amano la morte, i lupi di oggi. Amare, sperare, costruire, dare vita come ha fatto Cristo, domanda che ogni giorno noi doniamo del tempo, in attento ascolto delle persone. Fondiamo la nostra sicurezza su Cristo buon pastore, anche se il mondo ci sollecita a fidarci di altro. Questo, non perché Dio sia più potente, ma perché ci ama di più, ci ama veramente!
“Conosco le mie pecore”: Dio non ci ama a mucchio, ma personalmente. Dio chiama ogni singolo individuo ad essere “figlio nel Figlio”, a entrare in quel giro singolarissimo di rapporti che intercorrono tra il Padre e il Figlio. E’ un rapporto trasformante, che mira a trasformarci per dono noi in figli di Dio, quanto lo è il Figlio per natura. Non solo però il pastore conosce le pecore, ma anche le pecore conoscono il pastore, la sua vita, il suo comportamento, i suoi sentimenti, le sue ansie e le sue gioie. Le pecore conoscono anche la sua presenza, a volte silenziosa, ma che dà sempre loro sicurezza e pace.“Ho altre pecore che non appartengono a questo recinto”. Cade l’immagine del recinto, dell’ovile: il popolo di Dio è unico, non ha frontiere, non ha steccati né dentro, né attorno: è un popolo in cammino guidato da un unico pastore, da Gesù, l’unico principio di unità, l’unico mediatore di salvezza, l’unico che davvero può liberarci e farci vivere l’esperienza della vera libertà.