DA PILATO: “IL SUO SANGUE CADA SU DI NOI”

Martedì 31 marzo.

Mt 27, 2-31.

Da Pilato non si svolge tecnicamente un vero dibattito giudiziale. Matteo dà un senso profondo di quanto è avvenuto: ci mostra i vari personaggi: chi è a favore e chi è contro Gesù. A favore di Gesù si schiera Giuda, dichiarandolo innocente, la moglie di Pilato e Pilato stesso, che più che giudice, sembra una pedina contro Gesù nelle mani dei capi ebrei. Sono infatti sacerdoti e capi del popolo che dominano, sobillando la folla, costringendo Pilato a far crocifiggere Gesù.

Barabba sembra un semplice oggetto i scambio e i soldati di Pilato dei semplici esecutori. Lo scontro invece è tra Gesù e il suo popolo che invoca su di sè il sangue di un condannato a morte ingiustamente.

Le trenta monete (27,3-10). le monete dicono relazione al “Pastore”, di cui ha parlato il profeta Zaccaria, attribuita da Matteo a Geremia per il fatto della compera del campo (Gr 32,6-15).

Giuda con i suoi gesti proclama l’innocenza di Gesù, affermando che la condanna pronunciata su Gesù è ingiusta. Giuda sente pesare su di sé la propria colpa e, sentendosi abbandonato da tutti e in balia di se stesso, andò ad impiccarsi, dopo aver gettato nel tempio le trenta monete d’argento.

I gran sacerdoti non lasciano le monete nel tempio. Riconoscono che sono “prezzo di sangue”, non mettono denaro “sporco” nel tempio e lo usano per comprare il campo del vasaio perla sepoltura degli stranieri. Mettono così in terra d’Israele, un segno che attesta il loro crimine.

Matteo tira le somme di questo agire e vede il realizzarsi di quanto detto dal profeta Zaccaria (11,13): Il pastore inviato da Dio, vie valutato trenta sicli d’argento, ma è Dio che si sente rifiutato da Israele, che appare come popolo che versa sangue innocente.

Di fronte a Pilato (27,11-14). Gesù fu messo davanti al governatore. Nella domanda: “Sei tu il re dei giudei?”, non c’è alcuna accusa. Di fronte alle accuse dei Gran sacerdoti e dei Capi, Gesù tace: è evidente che le accuse sono false. A Pilato è stato tolto ogni motivo per continuare l’inchiesta.

Gesù-Barabba (27,15-26). Le fole, divenute arbitro tra il desiderio del governatore di liberare Gesù e i loro capi, l’avevano già condannato a morte. Ora devono scegliere tra un omicida, un pregiudicato, uno veramente colpevole e un innocente, Gesù. Lo ha proclamato innocente Giuda, lo ritiene innocente la moglie di Pilato e lo stesso Pilato che si laverà le mani.

La folla deve decidersi se accettare o rifiutare Gesù, come Messia. La folla si allinea alla sentenza dl Sinedrio, creduto infallibile. Avevano pensato che Gesù fosse un profeta, ma non sono disposti ad accettarlo come Messia, anche perché il suo universalismo faceva saltare tutti i privilegi di Israele. Meglio eliminarlo e chiedere l’orribile morte per crocifissione, che i romani infliggevano a chi si ribellava all’imperatore.

Pilato, lavandosi le mani, proclama l’innocenza di Gesù. Il popolo invece, senza ricordarsi di quanto dice la Legge (Dt 27,24-25) invoca su di sé la maledizione che cade su colui che si rende responsabile di aver sparso sangue innocente. E’ l’estrema follia di un popolo che non solo maledice se stesso, ma invoca anche la maledizione sui propri figli. Dio però accoglierà nella sua misericordia, migliaia di loro che si convertiranno (anche S. Paolo) e li ricolmerà di beni infiniti.

Il testo ci fa constatare che non è tanto Gesù che viene giudicato, ma il popolo d’Israele con i suoi capi, perché ha sparso sangue innocente. Gesù rifiutato appare come Giudice del suo popolo. Contemporaneamente si realizza una storia di salvezza, perché è Gesù, l’innocente che muore per gli altri (Is 53).

Gesù, re (27,27-31). Ora sono protagonisti i soldati del governatore. E’ l’unica vera immagine che offre il Vangelo di Gesù, re. Non manca nulla: il mantello, la corona di spine, la canna, simbolo dello scettro. Il suo viso però è sanguinante e coperto di sputi. E’ un re prigioniero dei suo persecutori e quindi insultato. Siamo invitati a leggere tutto nella luce di Is 50 e 53, contemplando il cammino verso la morte di Gesù, vilipeso da tutti, come un servizio, una donazione gratuita di sé agli altri fino al sangue.

Questi segni dicono che solo Lui ha dato la vita per salvare il suo popolo. La suprema bellezza della storia è la contemplazione del volto di Gesù. Contempliamolo con commozione, stupore,e soprattutto innamoriamoci: le umiliazioni, il sangue ci rivelano il grande amore di Dio Padre.

Vi invio la riflessione su altri 3 brani del racconto della Passione. Sarebbe bello, come facciamo al martedì, nell’ascolto della Parola, comunicarci qualche risonanza significativa della Parola per la nostra vita di credenti.

Come state vivendo questa esperienza? Da soli insieme in famiglia? Avete coinvolto qualche altra persona? Ci sono delle difficoltà? Così si realizza un dialogo tra credenti! Diventerebbe un modo nuovo di Ascolto della Parola.