ASCENSIONE DI GESÙ NEL PROFONDO DELLA NOSTRA ESISTENZA

Parrocchia di Fontane
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ASCENSIONE DI GESÙ NEL PROFONDO DELLA NOSTRA ESISTENZA
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Mc 16, 15-20

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno».

Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio.

Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

Un amanuense antico, membro autorevole della Chiesa, ha notato che stonava una conclusione del vangelo di Marco con l’espressione: “Avevano paura” (Mc 16,8), e ha pensato bene di continuare il vangelo di Marco (16,9-20) presentando in forma sintetica alcune apparizioni di Gesù, che troviamo descritte dagli altri evangelisti: alla Maddalena (vedi Gv 20,11-18 e Lc 24,10-11), ai due discepoli in cammino per la campagna (vedi Lc 24,13-35), e ai dodici apostoli (vedi Lc 24,36-39). Questa ultima apparizione, insieme alla descrizione dell’Ascensione al cielo, costituisce il vangelo di questa domenica, con tanti riferimenti al vangelo di Matteo e ai primi capitoli degli Atti degli apostoli.

L’ascensione del Signore è una festa difficile. Come far festa per una persona che ci lascia? Ma Gesù non se n’è andato se non dai nostri sguardi. Non è andato in alto, ma avanti: assente, eppure più presente che mai. L’ascensione del Signore è la celebrazione di due partenze: quella di Gesù verso l’intimo e il profondo; quella degli apostoli, prima chiesa in uscita verso gli angoli della terra, ad annunciare qualcosa capace di scardinare il mondo. Gesù non penetra al di là delle nubi, ma nell’intimo delle creature e di Dio. Gesù, terminato il suo cammino si siede, i discepoli invece iniziano il loro cammino e partono. Gesù sale in cielo, i discepoli vanno nel mondo. La partenza di Gesù è un’altra modalità di presenza: il Signore operava insieme con loro. Anche se il discepolo viene meno, non viene meno la fedeltà di Dio nei suoi confronti.

Andate in tutto il mondo. Inizia un cammino nuovo, non più del solo Gesù, ma di Gesù e della sua Chiesa. Ma in quale direzione? Siamo protesi verso tutto, ad allargare le braccia per abbracciare ogni cosa, a respirare, in cammino con ogni vivente, il vangelo, la bella notizia, la parola di felicità, a contemplarla nel dilagare in ogni paesaggio del mondo come ossigeno e fresca acqua chiara che trasforma ogni vita che langue. E’ un cammino universale: ciascun uomo, dovunque sia, ha diritto di sentire l’annuncio del vangelo. Per Gesù non esistono vicini e lontani, i primi e gli ultimi: Gesù li invia in tutto il mondo. La passione più grande di Gesù è dare vita ad ogni creatura, in ogni angolo della terra. E per farlo sceglie creature imperfette, dalla fede fragile. Dopo aver criticato la mancanza di fede dei discepoli, Gesù conferisce loro la missione. Così è con noi. Se dovessimo dire del Vangelo solo ciò che riusciamo a vivere, dovremmo tacere subito. Ma noi non annunciamo noi stessi, le nostre conquiste, bensì una parola che ci ha rubato il cuore, un Signore che ci ha sedotto, un progetto, che speriamo, un giorno, di riuscire a vivere. Annunciamo il Vangelo: la vita e la persona di Gesù.

Allora essi partirono. Sono un gruppetto di uomini impauriti e confusi, un nucleo di donne coraggiose e fedeli. Gesù affida loro il mondo, li spinge a pensare in grande, a guardare lontano: il mondo è vostro. E questo perché ha enorme fiducia in loro: li ha santificati e sa che riusciranno a contagiare di speranza ogni vita che incontreranno. Nonostante abbiano capito poco, abbiano tradito, rinnegato e molti dubitino ancora.

Il Signore agiva insieme con loro. Attraverso la comunità, Gesù continua la sua missione: Gesù stesso, che visse in Palestina e accolse i poveri del suo tempo, rivelando l’amore del Padre, questo stesso Gesù continua la sua presenza in mezzo a noi, nelle nostre comunità, attraverso di noi. Siamo noi, con la nostra vita, a rivelare la Buona Novella dell’amore di Dio ai poveri. Una comunità, chiamata ad essere testimone della Resurrezione, deve essere segno di vita, deve lottare contro le forze della morte, in modo che il mondo sia luogo favorevole alla vita, deve credere che un altro mondo è possibile. Il vangelo predicato diventa credibile e visibile se i segni che il discepolo compie, lasciano trasparire la potenza di Dio, non quella dell’uomo. Sono segni che riproducono quelli compiuti da Gesù: le stesse modalità, lo stesso stile, gli stessi scopi.

Questi saranno i segni … Il primo segno è la vita che guarisce, la gioia che ritorna. Possiamo essere certi che la nostra fede è autentica se conforta la vita e fa fiorire sorrisi intorno a noi. Dio ci rende dei guaritori. Un grande testimone: S. Francesco, quando abbraccia il lebbroso. Così anche noi, se ci avviciniamo a chi soffre e tocchiamo, con mani e occhi che accarezzano quella carne in cui brucia il dolore, potremo sentire una sinergia divina, sentire che Dio continua a salvare attraverso di noi. Noi e Gesù: unica energia, una sola forza, una sola linfa, una sola vita. Mai soli! Smettiamola di lamentarci: “Io con le mie forze non ce la farò mai”. Questa, per un cristiano, è una frase insensata. Io non sono mai con le sole mie forze. C’è sempre in me, intrecciata alla mia forza, la forza di Dio. 

Questo è il Vangelo come l’ha lasciato Marco. Tocca a noi continuarlo, sapendo che si chiuderà soltanto quando il Signore verrà.